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Il blog di Călămus
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Ad oggi: 437 racconti e 46 articoli di attualità per un totale di 483 storie

Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 17 apr, 2024
52 sindaci valdostani a processo nel 1902 Quando la burocrazia è eccessiva... Una curiosa notizia ci arriva direttamente dalla cronaca del 1902, quando ben tre quarti dei sindaci valdostani furono chiamati a processo per alcune violazioni contestate loro dall’amministrazione dello Stato. La notizia suscitò molto scalpore, non solo in Valle d’Aosta, ma trovò anche l’accordo delle diverse testate giornalistiche locali nel criticare severamente il caso. Infatti, un giornale sosteneva che nous nous trouvons évidemment devant un de ces cas de fiscalisme inouï dont notre bureaucratie a le secret , (1) mentre un altro dichiarava che c’est inouï; mais c’est vrai . (2) Non solo gli organi d’informazione rimasero sbalorditi dinnanzi a tale eccesso di burocrazia, ma anche toute la population a été indignée des vexations infligés à nos dévoués et excellent syndics de nos communes valdôtaines . (3) In particolare, ben 52 sindaci valdostani finirono sotto processo semplicemente per non aver barrato in nero con la penna gli spazi di linea rimasti bianchi nei registri pubblici e per aver troppo spesso utilizzato le stesse persone come testimoni negli atti di loro competenza. (4) L ’onorevole valdostano Alphonse Farinet fu chiamato a difenderli, spiegando probabilmente la difficoltà di trovare facilmente testimoni in occasione di atti pubblici. Molti comuni, infatti, avevano pochi abitanti, i villaggi erano sparsi sul territorio e, quindi, lontani dal Municipio, e una parte della popolazione era impiegata in montagna o altrove, quindi on n’a pas l’embarras du choix . (5) Inoltre, era meglio che i testimoni fossero di conoscenza dal sindaco, piuttosto che proposti dai cittadini. Il 17 febbraio 1902, il Tribunale, riunito in Camera di Consiglio, comminò una multa di 10 lire a coloro che ritenne colpevoli della prima accusa, mentre gli altri furono assolti. Quale fu il “bel risultato di tale pedanteria burocratica?”, si chiedeva un giornalista. (6) La risposta arrivò da un altro corrispondente, il quale informò come numerosi “imputati, disgustati dalle esigenze burocratiche”, si dimisero dal loro incarico; “questa determinazione è deplorevole, poiché talvolta priva una comunità di un sindaco coscienzioso, attivo e molto capace nell’amministrarla”. (7) Passano gli anni, ma la burocrazia resta una costante dell’amministrazione italiana e talvolta certa pignoleria non solo sfugge alla comprensione, ma non è giustificata da uno Stato che dovrebbe essere padre e non padrone... (1) Jacques Bonhomme , 14 febbraio 1902. (2) (...) “ci trovavamo evidentemente di fronte a uno di quei casi di fiscalismo eccessivo di cui la nostra burocrazia ha il segreto”, mentre un altro dichiarava che “è incredibile, ma purtroppo vero”. Le Duché d’Aoste , 26 febbraio 1902. (3) (...) “l’intera popolazione fu indignata dalle vessazioni inflitte ai nostri devoti e eccellenti sindaci delle nostre comunità valdostane”. Le Mont-Blanc , 21 febbraio 1902. (4) L’Union valdôtaine, 28 febbraio 1902. (5) Jacques Bonhomme , 14 febbraio 1902. (6) Jacques Bonhomme , 21 febbraio 1902. (7) (...) inculpés, dégoutés des exigences bureaucratiques , si dimisero dal loro incarico; cette détermination est regrettable, car elle prive parfois une commune d’un chef consciencieux, actit et très capable de l’administrer . Le Duché d’Aoste , 26 febbraio 1902.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 15 apr, 2024
Chi ha ucciso il famoso abbé Gorret? Amé Gorret (1836-1907), religioso originario di Valtournenche, era dotato di un carattere singolare, brusco e caustico, con una verve piquante et enjouée , (1) che gli attirava spesso critiche accese dentro e fuori la Chiesa. Era una sorta pedina sulla scacchiera, spostato di continuo di parrocchia in parrocchia nella Valle d’Aosta e non solo. (2) Ma un giorno, nel 1887, per far capire a tutti che non era affatto sparito dalla circolazione e che era ancora vivo, Gorret scrisse una lettera sarcastica e curiosa a un giornale valdostano, intitolata Faux bruits . Con un tono ironico, il religioso rassicurava tutti di essere ancora in vita; nessuno, dunque, lo aveva ucciso come forse qualcuno poteva supporre. Ecco un estratto di quella curiosa missiva: Il me parvient que je suis mort en plusieurs endroits, et je ne sais encore de combien de genres de mort . (3) “È quindi necessario che io dia di nuovo un segno di vita e se questo mio modo di esprimermi sembra un po’ brusco, prendetevela con il modo prematuro e violento con cui si sono compiaciuti di uccidermi. State pur certi che sono ancora al mondo et quoique tout n’y soit pas rose, je tiens à me départir de la vie que le plus tard possible ”. (4) Gorret aveva ragione: all’incontro con il Creatore gli mancavano ancora vent’anni. Periodo in cui, anche se la robe qu’il portait étouffa ses meilleurs sentiments et ses plus belles aspirations , (5) il religioso fu molto attivo. Infatti, dopo la sua morte, il giornale J acques Bonhomme , nell’edizione del 15 novembre 1907, elogiò il religioso, riconoscendo il suo grande amore per il paese, la sua penna vivace ed elegante e uno stile giocoso che lo avevano reso uno dei più famosi scrittori valdostani, ma anche rammentando il suo carattere indipendente che mal si accordava con le regole ecclesiastiche, così come i suoi modi che lo mettevano talvolta in condizioni non consone al suo ruolo. (6) Tornando a quel 1887, nessuno e ovviamente nessuno aveva ucciso l’ Ours de la montagne , come anche veniva soprannominato Gorret. Qualcuno aveva tentato sì di annientare qualcosa: la sua verve e la sua eccentricità. Fortunatamente, quel qualcuno non era riuscito nel suo intento; non aveva cancellato affatto quel genio, quel suo modo di essere e di esprimersi che ci hanno consegnato un Gorret che ricorda in qualche modo il personaggio di don Camillo uscito dalla penna di Giovannino Guareschi. Preti d'altri tempi... Immagine di copertina: L' abbé Gorret, fonte: C.A.I., Public domain, via Wikimedia Commons . (1) Le Mont-Blanc , 8 novembre 1907. (2) Tra il 1880 e il 1883 fu parroco nella zona di Grenoble (Francia). (3) “Vengo a sapere di essere morto in diversi luoghi, e non so ancora con quali modalità sarei morto”. (4) “E anche se non tutto è rose e fiori, auspico di lasciare la vita il più tardi possibile”. Feuille d’Aoste , 1° giugno 1887. (5) (...) “la veste che indossava soffocava i suoi migliori sentimenti e le sue più belle aspirazioni” (...). Le Mont-Blanc , 8 novembre 1907. (6) On nous annonce la mort, survenue au Prieuré de Saint-Pierre, où il était recouvré, de l’abbé Amé Gorret. Né à Valtournanche en 1836, il fut successivement vicaire dans nombre de communes et finit recteur à St-Jacques d’Ayas. Son caractère indépendant s’accomodait peu avec la vie sédentaire de l’ecclésiastique en même temps que ses.... originalités un peu outrées le mirent quelques fois dans des conditions peu en harmonie avec sa situation. A part cette petite ombre, comme tous en ont dans leur vie, il est juste de reconnaître chez le défunt, un grand amour pour son pays, une plume vive et élégante, un esprit caustique et un style enjoué qui en firent un des écrivains les plus remarquables de notre Vallée. Il s’occupait plus particulièrement des choses d’alpinisme, dans lequel il savait aussi payer de personne et d’histoire du pays. Il fut honoré de l’amitié de plusieurs illustrations de la politique, des lettres et de la science, et il laisse certainement, dans notre littérature valdôtaine, une brillante trace de son passage. Jacques Bonhomme , 15 novembre 1907.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 11 apr, 2024
Le pecore di Sarre che pascolavano a... Losanna Il giornale L’Echo du Val d’Aoste del 30 luglio 1875 (1) riporta di un furto piuttosto audace ai danni di César Grenod, sindaco di Sarre, presso il suo alpeggio di Tsa de la Comba, situato ai piedi del Mont Fallère (3.061 m). Qualche giorno prima, infatti, un individuo - successivamente identificato come un contrabbandiere di tabacco - si presentò agli arpians dell’alpeggio chiedendo ospitalità per la notte, favore che gli fu generosamente concesso. Mentre i pastori dormivano all’interno di un bâtiment voisin e non udirono nulla, l’uomo si alzò, si diresse verso il gregge e scelse trentasei capi da rubare; i migliori. Il danno fu quantificato in circa 1.500 lire. Per depistare coloro che sapeva benissimo si sarebbero organizzati per il suo inseguimento, il ladro condusse sei pecore altrove. Le abbandonò lungo il vallone di Flassin orientandole a scendere verso Saint-Oyen. Le altre trenta rimaste le guidò verso Gignod par la côte de Buthier et se rend ainsi par Valpelline, Ollomont et le Col Fenêtre, en Suisse . Nel frattempo, gli uomini di Grenod gli correvano dietro, inutilmente, tra Saint-Oyen e Saint-Rhémy-en Bosses. Il signor Grenod, sospettando ciò che stava accadendo, non si perse d’animo e telegrafò immediatamente alle autorità svizzere. Inoltre, inviò uno dei suoi figli a cercare le pecore disperse, un po’ come il buon pastore della parabola, sul territorio della Confederazione elvetica. Il ladro non fu catturato, ma il frutto dell’abigeato fu rintracciato e sequestrato a Losanna, dunque a oltre 150 km di distanza, presso un individuo che lo aveva acquistato per 200 franchi e che si dichiarò disposto à les restituer moyennant remboursement de cette somme, ce qui fut fait . Il giornale ne approfittò per evocare furti mitologici o storici, concludendo con un tocco di ironia: Mais hélas! “Temiamo di dover constatare che i rapitori moderni siano diabolicamente degenerati”. Esiste un proverbio arabo che recita Non arrenderti. Rischieresti di farlo un’ora prima del miracolo . Il sindaco di Sarre, non c’è che dire, perseverando, agì con intelligenza. Immagine di copertina: Troupeau de moutons traversant le Col du Géant . (1) Alcune informazioni sono state ricavate anche dal giornale Feuille d’Aoste del 28 luglio 1875.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 08 apr, 2024
1914: dalla Valle dei templi a quella d’Aosta Nel 1914, una cronaca pubblicata su un giornale valdostano presentava un curioso annuncio: un maestro proveniente dalla lontana Girgenti (Agrigento dal 1927), in Sicilia, aveva ricevuto un incarico di insegnamento nella Valle d’Aosta, precisamente nel villaggio di Grand-Ville di Verrayes. (1) L’insolita distanza tra le due terre era motivo di stupore per il giornale, che commentava ironicamente l’incredulità di vedere un insegnante proveniente da così lontano finire in un luogo così remoto. (2) Il maestro, giunto a Grand-Ville, si aspettava forse di trovare una metropoli, come Parigi, Londra o Vienna. La mancanza di infrastrutture moderne, come telegrafo, telefono, elettricità e trasporti pubblici, lo deluse profondamente, tanto da esclamare: “Chiamarsi “Grand-Ville” e essere priva delle comodità della vita moderna è un paradosso”. Oggi, Grand-Ville, posta a oltre un chilometro e mezzo dal capoluogo e a 1.412 metri sul livello del mare, è abitata da qualche decina di persone ed è un luogo suggestivo, caratterizzato da un antico granaio risalente al Quattrocento. Tuttavia, nel 1914, durante l’inverno e poco prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, la Valle d’Aosta si presentava in una luce abbastanza diversa da come appare oggi. Il maestro siciliano, infatti, lasciava una città, Agrigento, che allora contava circa 30.000 abitanti (almeno quattro volte più popolosa della città di Aosta del tempo); abbandonava, inoltre, una terra di mare e la valle dei Templi per trovarsi immerso in una realtà alpina e isolata. La realtà di Grand-Ville si discostava anni luce dalle aspettative di una città più sviluppata suggerite dal nome. L’unica presenza di una modesta scuola, una cappella e alcune decine di case lasciò il maestro sorpreso e deluso. Detto ciò, questo scenario rappresentava la tipica realtà dei villaggi valdostani che, ancora oggi come allora, caratterizzano la Valle d’Aosta. Il termine “Ville” non si riferisce solo alla città, come nel caso di Aosta (“Veulla”), ma può indicare anche un centro abitato popoloso o il capoluogo di un territorio, come nel caso di Cogne. E il maestro siciliano? Le cronache non ne parlano più. Avrà compiuto il suo dovere e poi, speriamo per lui, sia rientrato presto nella sua bella terra. Comunque, non si trattava di casi isolati, quegli spostamenti da lontano. Restando solo nella stessa città siciliana, ad esempio, si ricorda il caso è di due sorelle di Girgenti destinate alla scuola di Rumiod (Saint-Pierre) nel novembre del 1920: quand la notification de la nomination leur sera parvenue, quand sera passé le temps que la loi leur accorde pour réfléchir, avant d’accepter le poste, quand elles auront traversé toute l‘Italie et qu’elles auront trouvé un logement pour s‘installer, nous serons arrivés à Carnaval si ce n’est à Pâques , commentava, rassegnato e deluso, un giornale dell’epoca. (3) Ad ogni modo, l’anno seguente, un periodico annotava che tutte le scuole del comune di Saint-Pierre erano aperte dall’inizio di novembre e che nelle frazioni les enseignantes sont toutes étrangères à la Vallée. Elles semblent toutes animées de la bonne volonté de faire leur devoir e che Rumiod era dotata anche di una classe quarta. (4) (1) La Doire , 4 dicembre 1914. (2) Vous comprenez, lecteurs, de Girgenti! (“Capite, lettori, proveniente da Girgenti!”). (3) “Quando la notifica della nomina giungerà loro, dopo che sarà trascorso il tempo previsto dalla legge per riflettere prima di accettare il posto, e dopo aver attraversato tutta l’Italia e trovato un alloggio per stabilirsi, si sarà arrivati arrivati a Carnevale, se non addirittura a Pasqua”. La Vallée d’Aoste , 4 dicembre 1920. (4) (...) “le insegnanti sono tutte straniere alla Valle. Sembrano tutte animare dalla buona volontà di fare il proprio dovere”. La Vallée d’Aoste , 3 dicembre 1921.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 04 apr, 2024
Un investigatore valdostano alla Sherlock Holmes Nella notte del 21 giugno 1873, il signor Charles Balla, maitre-tanneur di Aosta, fu vittima di un audace furto di pelli conciate, del valore di seicento lire, perpetrato attraverso l’uso di false chiavi. Questo crimine, che avrebbe gettato un’ulteriore ombra inquietante sulla città già colpita da ondate di furti, non intimidì minimamente il signor Balla. Egli, en investigateur habile , venne a sapere che nella stessa notte era scomparso un carro, un galiote , (1) dalla zona del Pont-de-Pierre. Sospettò che questo mezzo fosse stato utilizzato per il trasporto delle pelli che gli erano state rubate. Con l’aiuto del maresciallo Javelli, comandante della stazione locale dei Carabinieri, iniziarono a seguire attentamente le tracce lasciate dal veicolo lungo la strada principale fino a Nus. Qui, la pista si perse, ma grazie a una rapida e meticolosa indagine, i due segugi riuscirono a concentrare i loro sospetti su alcune abitazioni situate nelle vicinanze della Dora. Una perquisizione condotta in queste case portò alla scoperta effettiva del carro (in parte bruciato), di gran parte delle pelli rubate e di una notevole quantità di altre prove di crimini, tra cui degli oggetti trafugati dal bazar di Aosta, sigari di contrabbando e persino attrezzature per la falsificazione di monete d’argento. La loro intuizione si rivelò corretta: si trattava di un covo di ladri che da tempo aveva infestato la regione con i suoi misfatti. Probabilmente, i malviventi si erano accorti di essere stati inseguiti e avevano preso la fuga. Il maresciallo sequestrò tutti questi oggetti, che costituivano le prove di almeno dieci crimini o reati. Il giornale che aveva riportato la vicenda, richiamando alla responsabilità eventuali testimoni silenti, affermava: “La giustizia è ora in piena azione e procede con l’indagine. Tuttavia, la délation est pourtant un devoir en pareille matière, et le silence un crime . (“La delazione è un dovere in questi casi, e il silenzio è un crimine”). Comunque sia, leggendo le cronache di quel periodo, era soprattutto il mandamento di Quart a essere infestato le plus de ces bandes de malfaiteurs . (2) A proposito: un plauso postumo al maresciallo Javelli, all’Arma dei Regi Carabinieri e al signor Balla per l’abilità investigativa dimostrata con pieno successo in quell’occasione. Se un detto recita che “l’occasione fa l’uomo ladro”, si potrebbe inventarne uno secondo il quale “il furto a proprio danno ti crea investigatore senza affanno”... (1) Si tratta di un carretto basso, generalmente a tre ruote, utilizzato per il lavoro nei campi. (2) L’Echo du Val d’Aoste , 27 giugno 1873.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 01 apr, 2024
Quante nudità! All’inizio del Novecento, diversi eventi turbarono la moralità pubblica della tranquilla Aosta. Tra i numerosi fatti segnalati dalla stampa dell’epoca, ce ne sono diversi, ognuno incentrato sulla nudità, che richiedevano l’intervento dell’autorità competente per porre fine a situazioni giudicate inappropriate e sconvenienti. Nel 1901, ad esempio, veniva richiamata l’attenzione su un comportamento degno dei selvaggi les plus dégradés de la Polynésie. Alcuni individus sans pudeur ni éducation , frequentando le rive del fiume Dora Baltea, nei pressi del Pont-Suaz, si permettevano di denudarsi completamente attirando l’attenzione dei passanti con fischi, gesti provocatori e richiami. (1) Pochi mesi prima di queste audaci esibizioni estive, durante l’inverno, qualche buontempone aveva dedicato del tempo alle sculture di neve. Come riferiva un giornale dell’epoca, lungo i bordi di una strada che portava in città, si poteva notare un’opera che ne manque ni de modelé, ni de pose, ni d’idée; très-suggestif... un peu décolleté seulement, trop décolleté pour les yeux effarés de nos collégiens en promenade . (2) “Aspettando il bel sole” - concludeva il periodico - caveant centuriones! (“i centurioni stiano attenti!”); un modo per dire “l’autorità, faccia qualcosa”. Nel 1903 a suscitare preoccupazione nella morale pubblica, c’era un manifesto pubblicitario esposto au grand public in una farmacia di Aosta: une pancarte qui soulève partout une juste indignation . Il manifesto risultava “sedizioso e rivoltante” a causa della sua mancanza di delicatezza e indecenza. Perché, si chiedeva il giornale, era stata fatta tale scelta pubblicitaria? “Una simile caricatura, dai colori sgargianti e dal cinismo verista e provocatorio per colpire più duramente e ferire più intimamente gli occhi dei passanti, potrebbe essere lo stemma di qualche “Azienda smaliziata” che si impegna a informare il pubblico che con i suoi medicinali vende pornografia? È possibile; tuttavia, il vero scopo è questo: è calcolato: “Mostriamo la causa e raccoglieremo gli effetti...” L’immoralité a toujours abouti à la “pharmacie... ”. (3) Un giro di parole estremamente sibillino. È probabile che si riferisse all’immagine di una donna, forse eccessivamente succinta e provocante; nello stesso periodo circolava una pubblicità che prometteva un ‘bel seno’, mostrando una donna dalle forme prosperose, ad esempio. In ogni caso, tra nudità esplicite e pubblicità audaci, la piccola Aosta affrontò progressivamente le piccole sfide legate al buongusto, alla decenza, al rispetto del prossimo, talvolta incrociando qualche critico moralista. Immagine di copertina: Georges Seurat, I bagnanti ad Asnières (1883-1884). https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/e/eb/Baigneurs_a_Asnieres.jpg Georges Seurat, Public domain, via Wikimedia Commons (1) Le Duché d’Aoste , 21 agosto 1901. (2) ”Non manca né di modellatura, né di posa, né di concetto; molto suggestiva... solo un po’ svestita, troppo svestita per gli occhi sbalorditi dei nostri studenti in gita”. L’Union Valdôtaine , 15 marzo 1901. (3) Le Duché d’Aoste , 13 maggio 1903.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 28 mar, 2024
La necessità di costruire un porto ad Aosta Nel 2018 ho avuto l’opportunità di scrivere un articolo che proponeva un’idea per riordinare un angolo importante di Aosta. Essendo anche una guida turistica, mi confronto costantemente con un problema cruciale: l’accoglienza dei visitatori. Fino a qualche anno fa, i pullman utilizzavano, erroneamente, l’area intorno all’Arco d’Augusto per lo scarico e il carico dei passeggeri. Successivamente, questa zona è stata limitata al traffico e i pullman sono stati dirottati verso il parcheggio della Consolata o presso la sosta temporanea di piazza Mazzini. Come avevo previsto allora, molto oltre i 100.000 turisti utilizzano questo mezzo di trasporto per visitare la nostra regione, e i recenti dati confermano quello che un tempo era un mio calcolo di ipotesi. Guardando al futuro, data l’importanza di questa massa di turisti, ritengo sia necessaria in Aosta un’accoglienza più organizzata. Forse non è evidente a tutti gli amministratori la portata di questa affluenza di persone, molte delle quali sono anziane e non solo hanno difficoltà negli spostamenti, ma necessitano anche di servizi igienici adeguati; quelli attualmente disponibili vicino alle scuole elementari di piazza Arco d’augusto sono chiaramente insufficienti. Con l’intera area Puchoz a disposizione, mi piacerebbe vedere un riordino di quella zona attraverso la creazione di un PORTO (Punto di Orientamento e di Ritrovo Turistico Organizzato) . Inizialmente, avevo pensato che l’area dell’ancien abattoir (a est della Cittadella dei giovani) potesse fungere da rotatoria dove i pullman potevano far scendere i passeggeri per poi caricarli in un secondo momento, offrendo servizi igienici e magari un punto informativo, anche solo digitale. Da questo punto, i turisti avrebbero potuto facilmente accedere all’Arco d’Augusto, punto di partenza di praticamente tutte le visite guidate in città. Alternativamente, però, un progetto simile potrebbe trovare oggi spazio nell’area Puchoz. Qui, potrebbe essere realizzato innanzitutto un grande parcheggio sotterraneo sia sotto lo stadio, sia sotto piazza Mazzini, e se necessario anche uno fuori terra, magari solo parziale rispetto alla vasta area disponibile, ma ovviamente coperto. Questo risolverebbe molti problemi di parcheggio a favore degli abitanti della zona, dei visitatori dell’area mercatale e di altre attività esistenti. L’area mercatale stessa potrebbe essere riorganizzata, con fulcro su piazza Cavalieri di Vittorio Veneto liberata dalle auto e dotata di un sistema di supporti fissi per l’accoglienza di un mercato degno di questo nome. Questa lunga direttrice trasversale che collegherebbe l’Arco d’Augusto alle stazioni del treno e dei pullman godrebbe dunque di un grande spazio verde e di parcheggi nell’area Puchoz, oltre a una rivitalizzazione di via Torino e delle zone ad essa circostanti, che, ad esempio, potrebbero beneficiare anche di un ulteriore sviluppo di negozi lungo l’area nord dello stadio. I turisti potrebbero approfittare di questo grande polmone verde, con servizi di carico e scarico, servizi igienici e altro ancora adiacente al centro storico. Gli ospiti, immersi e temporaneamente ospitati in questa zona, potrebbero rilassarsi e avere un punto di riferimento da cui orientarsi per fare acquisti nel centro storico, oltre naturalmente alle visite ai monumenti, incontrando in loco le guide turistiche valdostane. In questo modo, non solo miglioriamo l’esperienza dei turisti che visitano Aosta, ma anche la qualità della vita dei residenti e l’attrattività complessiva della zona. Il Porto , ossia il Parco del Puchoz , potrebbe rappresentare veramente una grande novità naturalistica, turistica e socio culturale dove svolgere anche diverse attività sia en plein air , sia all’interno di strutture ricreative.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 28 mar, 2024
Certe folli feste pasquali valdostane... Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi , recita un vecchio detto popolare. Qualcuno questo adagio doveva averlo preso proprio alla lettera, considerato quello che accadde in un angolo della Valle d'Aosta nel periodo pasquale. Infatti, al posto di celebrare la Resurrezione di Gesù, alcuni si impegnarono in attività tutt’altro che cristiane. Se nel 1894, quasi tutti i valdostani qui conservent si pieusement la poésie de la religion qui berça leur enfance, qui accompagne leur vie et qui bénira leur mort , (1) erano impegnati a celebrare l’evento - come accadeva nella imponente processione del Venerdì Santo ad Aosta, (2) qui se déroule à l’aurore dans nos rues illuminées par des feux étincellants, sous une vapeur légère comme une gaze qui se déchire pour laisser entrevoir les profondeurs de l’azur pâle - (3) qualcuno, invece, pensava ad altro... Nel 1875, ad esempio, proprio la domenica di Pasqua, a Saint-Christophe, tra gli abitanti della plaine e della collina scoppiò una violenta lotta. Nel tumulto, ottanta persone riportarono ferite, la metà abbastanza serie, mentre otto gravi; un uomo morì successivamente a quei fatti. Una lotta tra due villaggi antagonisti, secondo un giornale dell’epoca. (4) In realtà, come sosteneva un altro periodico, le dinamiche che avevano fatto scattare la scintilla tra i villaggi di Veynes e Sorreley non erano affatto chiare. (5) Sembra che la disputa si sia incentrata su quelques beautés venues du nord et autour de ces sirènes villageoises coule le vin, puis le sang . (6) Altrove, le sbronze che nascevano in qualche taverna sembravano continuare anche il giorno dopo, durante Pasquetta, jour consacré aux goûters champêtres . Tempo dopo, infatti, non lontano da Saint-Christophe, cioè a Pont-Suaz (Charvensod), “ gli ubriachi si sono ben guardati dal privare il pubblico dello sgradevole spettacolo delle loro tradizionali dispute e delle scene disgustose che ne seguivano. Due ragazzi non si sono accontentati di insultarsi; è comparso il coltello. Con conseguenze: un giovane di Chésallet di Sarre ha riportato due ferite che il medico ha dichiarato guaribili in 15 giorni. Nel frattempo, farebbe bene a riflettere. L’altro, residente in Aosta, è stato deferito all’autorità giudiziaria ”. (7) Natale con i tuoi, Pasqua con... i guai... verrebbe da dire... (1) (...) “che conservavano con devozione la poesia della religione che ha cullato la loro infanzia, accompagnato le loro vite e benedetto le loro morti”. (2) Oggi, tra le celebrazioni della Settimana Santa, è ancora molto sentita la Via Crucis che si svolge di sera tra l'Arco d'Augusto e la Cattedrale. (3) (...) “che si svolge all’alba nelle nostre strade illuminate da fuochi scintillanti, avvolta in un vapore leggero come un velo che si squarcia per mostrare le profondità dell’azzurro pallido. Le Mont-Blanc , 30 marzo 1894. (4) Feuille d’Aoste , 7 aprile 1875. (5) L’Echo du Val d’Aoste , 30 aprile 1875. (6) (...) “su alcune bellezze venute dal nord e intorno a queste sirene villerecce scorreva il vino, poi il sangue”. Feuille d’Aoste , 28 aprile 1875. (7) Le Mont-Blanc , 30 marzo 1894.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 24 mar, 2024
Quel puzzle dell’Autonomia valdostana Sin dalla fine del secondo conflitto mondiale, con l’affermarsi della Repubblica Italiana, in Valle d’Aosta è emersa l’idea di aggregare tutti i fautori dell’autonomia locale in un unico movimento politico. Tuttavia, questa visione unitaria non si è mai concretizzata. Al contrario, nel tempo sono emersi diversi partiti a seguito di scissioni o di nuove aggregazioni di quelli originari. Oggi, il tentativo è quello di ricomporre un complicato puzzle. L’autonomia, però, non dovrebbe essere vista come un fine in sé, ma piuttosto come un mezzo; tutto sommato si tratta di una forma di governo declinabile in vari modi. È un po’ come essere repubblicani, ma seguire quale idea per dare un governo al proprio Paese? Ciò premesso, ritengo complesso per un unico grande partito rappresentare adeguatamente e da solo l’autonomia e la varietà di anime presenti nella regione su questo tema. Preferirei piuttosto assistere alla formazione di un arco costituzionale tutto valdostano, dove i vari movimenti politici possano interpretare i dettati imprescindibili dell’autonomia e agire secondo le loro finalità che vadano da quelle progressiste a quelle conservatrici, da quelle fortemente identitarie alle moderate, fino a quelle indipendentiste. In conclusione, anziché optare solo per una réunion dei movimenti autonomisti, vedrei meglio la creazione di un tavolo permanente sull’autonomia, un organismo “extraconsigliare” che coinvolga non solo i partiti politici, ma anche la società civile nel dibattito e nella preparazione delle tematiche relative al nostro sistema di autogoverno. Potrebbe rappresentare un valido contributo consultivo e di supporto per la politica e per il Consiglio Valle. Senza dubbio, questo approccio potrebbe contribuire in modo più efficace alla diffusione dell’ideale di autonomia e autogoverno, temi che spesso sfuggono alla gente comune, ma che sono funzionali all’identità e alla partecipazione attiva alla vita della nostra terra.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 21 mar, 2024
La vigna del Signore a Diémoz Domenica 2 aprile 1882 a Diémoz (Verrayes, Valle d'Aosta) si verificò un atto di filantropia, per fortuna non l’unico negli annali valdostani, ma certamente degno di nota e quasi da parabola evangelica. Contrariamente aux usages , in quel pomeriggio festivo, sette uomini erano impegnati a zappare una vigna. Cosa ci facevano quei contadini, nel giorno del Signore, in una proprietà non loro, lavorando con tanta foga? La curiosità fu soddisfatta presto, quando si venne a sapere che da circa un anno il proprietario del vitigno, padre di una famiglia con bambini piccoli, era malato e costretto a letto, dans l’incapacité absolue de cultiver son bien . La miseria più nera sarebbe già giunta da molto tempo a bussare alla sua porta se i suoi vicini non avessero usato quella umanità, aiutandolo dedicandogli alcuni pomeriggi nei giorni festivi. La vigna in questione, dunque, era già stata curata e preparata; quella domenica era il giorno della zappatura, e i buoni vicini non rinunciarono all’ennesimo aiuto, per quanto faticoso. “Se tutti i nostri contadini comprendessero così i sentimenti di solidarietà che devono unirli, quanti sfortunati non si troverebbero ridotti alla mendicità, anche per una malattia apparentemente non grave”, concludeva il giornale che aveva raccontato la vicenda. (1) Ecco certamente un atto che merita di essere ricordato. Quegli uomini avevano veramente imparato il significato, non solo letterale, ma evangelico, di diventare umili servi della vigna del Signore... Immagine di copertina: vigne nella Bassa Valle d'Aosta. (1) L’Echo du Val d’Aoste , 7 aprile 1882.
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