"...e fuggii via..."
Un secondo lebbroso per la città di Aosta
Per coloro che conoscono la storia di Aosta, la “Torre del Lebbroso” non è certamente un monumento sconosciuto. E non è neppure così poco nota la storia dell’uomo - un lebbroso, appunto - che le ha lasciato l’appellattivo con il quale la conosciamo oggi.
Di chi si tratta? Del ligure Pietro Bernardo Guasco da Oneglia, affetto dalla lebbra. Egli restò confinato nella torre per oltre trentanni, cioè dal 1773 fino alla morte avvenuta nel 1803 quando aveva 52 anni. La sua storia fu poi raccontata dallo scrittore savoiardo Xavier de Maistre (1763-1852) nel suo libro
Le Lépreux de la cité d’Aoste
(1811).
Fino a questo punto, si potrebbe dire che tutto ciò è piuttosto conosciuto sia dalla cronaca storica, sia dalla memoria collettiva.
Ma c’è un’altra storia, che così palese non è.
Da una testimonianza diretta, infatti, si viene a conoscenza che la torre in questione ospitò anche...
un secondo lebbroso.
Almeno così ci racconta il turista Leopoldo Bruzzese che, proveniente cittadina svizzera di Monthey, fece un viaggio in Valle d’Aosta nel 1840. Il turista affidò poi la sua lunga cronaca -
Voyage au Grand St.-Bernard
- ad un giornale vallesano.(1)
In breve. Giunto ad Aosta dove soggiornò tre giorni, l’uomo ebbe modo di visitare la città. Vide tutto ciò che il capoluogo valdostano poteva offrire e fece i suoi apprezzamenti alla ricchezza del patrimonio, accorgendosi di come i siti visitati
méritent l’attention du touriste moderne et de l’amateur de l’antiquité.
Dopodiché, la sua cronaca si fa molto più interessante...
Il turista, nel suo peregrinare tra le vie cittadine, svela un fatto inedito e non rintraccabile in altre cronache. Ecco la sua testimonianza diretta: “Ho anche visitato con grande interesse la torre del lebbroso che De Maistre ha immortalato nel suo volumetto: “Il lebbroso della città di Aosta”. Questa piccola torre, posta fuori dalla città, era abitata da un nuovo lebbroso nato dallo stesso sangue di quello di cui De Maistre ha raccontato le lunghe sofferenze; un
concierge
era incaricato di prendersi cura di lui con la massima precauzione; è stato così gentile da permettermi di vedere quell’uomo sfortunato che aveva l’aspetto orribile di una massa informe di carne ricoperta dalle squame della lebbra. Non potevo sopportare a lungo la vista di un quadro così terribile, così gli lanciai qualche soldo e scappai. Lui andò alla finestra per osservarmi mentre mi allontanavo dalla sua terribile prigione; agitò le mani e il cappello come per ringraziarmi e per dirmi addio, al che gli risposi con affettuosi saluti e fuggii via.”
Non è possibile, almeno al momento, chiarire ulteriormente i fatti. Il signor Guasco non ebbe figli e neppure sua sorella che, sappiamo, restò confinata con lui per qualche anno e poi morì.
Come anticipato, sulla “nuova” vicenda resta un punto interrogativo. Pochi anni dopo, ossia nel 1852, Edouard Aubert ebbe modo di dichiarare che
quoiqu’il y ait cinquante ans que le Lépreux est mort, il vit encore cependant dans le souvenir de bien des personnes de la Ville d’Aoste qui m’ont donné les rensignements ci-dessus: elles en parlent volontiers et avec intérêt. Qui plus est, il vivra aussi longtemps que la gloire littéraire de M. le comte Xavier de Maistre; parole che non accennano in alcun modo ad una storia successiva...
Cosa aggiungere a questo punto? Che comunque sia andata, non si può escludere che in quel tempo vi fu rinchiuso - forse per un breve o per un brevissimo periodo - un altro malato. Difatti, è necessario tenere conto che la torre - che era stata acquistata alla fine del Settecento dall’Ordine Mauriziano proprio per ospitare i Guasco - fu diverse volte utilizzata per fini sanitari. Per esempio, di lì a poco - cioè durante un’epidemia di colera scoppiata nell’estate del 1867 - la struttura fu adattata per un certo periodo a lazzaretto.
(1) ) L’Echo des Alpes, 13 maggio 1841. 1840. (2) E. Aubert, Quinze jours à Aoste, p. 45, (2a edizione, 1853). Il parigino Edouard Aubert (1814-1888) è stato un archeologo e abile disegnatore.
* Illustrazione della Torre del Lebbroso tratta da F. Casanova e C. Ratti, Guida illustrata della Valle d'Aosta,
1890, p. 191.