Cogne: affari religiosi e vecchie pietre
Per secoli la visita periodica a Cogne del vescovo della Valle d'Aosta (che era anche conte di Cogne) rappresentava un evento di grande rilevanza sociale, di gioia e di festa.
Almeno una volta all’anno, infatti, il prelato si lasciava alle spalle la città di Aosta per salire ai piedi del Gran Paradiso ove, per alcuni giorni, amministrava personalmente il potere sulla sua vasta contea. In genere ciò avveniva nel mese di ottobre, cioè tra la Saint-Michel
(29 settembre) e Ognissanti (1° novembre), quando le greggi e le mandrie avevano abbandonato gli alti pascoli e i capifamiglia erano tutti presenti nei loro villaggi e, quindi, disponibili a presenziare alla Sogne, il parlamentino medievale di Cogne presieduto, appunto, dal prelato.
L’arrivo del vescovo valdostano veniva annunciato diversi giorni prima in modo tale che gli abitanti potessero sistemare la strada al fine di non ostacolare il viaggio del presule e del suo seguito. Pene severe e multe ricadevano, infatti, sulla comunità in caso di incidenti sulla strada, così come le stesse venivano comminate e poi inflitte a coloro che si sarebbero potuti incolpare direttamente per eventuali danni arrecati ai ponti.
Oltre alle capatine ottobrine del vescovo, ossia a quelle di carattere prettamente temporale, esistevano anche quelle legate al potere spirituale. Visite pastorali ed altri eventi particolari come, per esempio, l’inaugurazione di nuove cappelle, cresime o i soggiorni estivi presso la residenza fortificata situata a Laydetré, davano l’occasione al vescovo-conte di raggiungere Cogne.
Come attestato da diversi documenti, era usanza accogliere il prelato in arrivo in processione all’ingresso della Contea, cioè al ponte di Laval; una tradizione che si perpetuava nel tempo e che certamente rappresentava un grande momento di festa preceduto da un lungo cerimoniale e da un serio impegno organizzativo per i cogneins
per rendere il percorso agevole e l’accoglienza degna di tale nome.
Nel 1662, infatti, quando il vescovo si recò in loco (soprattutto per impartire le cresime), la sua corte – con bagagli appresso - si dovette avvalere di ben 10 montures
che s’inerpicarono lungo il percorso reso al meglio per l’occasione. Come sempre, l’incontro tra la popolazione e il vescovo accompagnato dal suo seguito si svolse presso il ponte di Laval.
Nelle immediate vicinanze fu servito un rinfresco in cui furono offerti assaggi di confettura. Tradizione questa perpetuata fino alla metà dell’Ottocento e che si consumava su una “curiosa” table dite de l’évêque. Oggi non più presente, la “table” era una grande pietra che faceva da tavolo e che si trovava, appena superato il ponte di Laval, sulla destra in direzione Epinel; ancora oggi si intuisce un breve slargo più o meno corrispondente all’antico sito. Non è da escludere che il masso, probabilmente reso piatto dalla natura, o in qualche modo adattato artificialmente, dovette scomparire proprio con uno dei diversi rifacimenti della strada.
Di un altro caso, nel 1929, lo scrittore Piero Giacosa raccontava che pochi anni prima, lungo la carreggiabile nel tratto che dal ponte di Laval sale ad Epinel, a circa un chilometro dal ponte e nel punto in cui la valle comincia ad aprirsi ed appariscono i meravIgliosi prati che sono l’orgoglio di Cogne, fra un mucchio di grandi macigni, precipitati dall’alto, o resti di antiche morene, una piccola pietra sporgente appena sull’erba mostrava inciso l’uncino di un pastorale ed una mitria; era l’impresa del signore all’ingresso dei suoi dominii. L’umiltà del rozzo monumento avrebbe dovuto proteggerlo; ma gli impresarii di lavori stradali sono gente calcolatrice. Quel sasso poteva essere utilizzato; l’iscrizione o non fu vista o fu negletta; ora la pietra è scomparsa, e indarno la cercai nei muri di sostegno della strada.
Storie di pietre-simbolo, purtroppo, scomparse...
(1) P. Giacosa, Cogne, pp. 240-241.