“Fratelli d’Italia” e “l’incosciente valdostano”
Gli avvicendamenti continui di governo, magari tramite gabinetti bis, ter e così via, non sono certo un fenomeno recente nella storia politica italiana. Quando, agli ultimi giorni del 1893, per esempio, Francesco Crispi salì per la terza volta al potere, sostituendo Giovanni Giolitti, la stampa satirica del tempo fece sentire la sua voce di dissenso.
Il giornale Il Don Chisciotte
di Roma del 20 dicembre di quell’anno, infatti, non si risparmiò nel criticare il modo di fare politica della classe dirigente italiana: oggi dunque l’on. Crispi presenta alla Camera - non dico all’Italia - il nuovo ministero. Nuovo per modo di dire; perché del resto, non è difficile asserire che esso non sarà dissimile da quello che fu. Mutano i nomi, ma permangono le cose. E la processione di questi ministri, perseguentisi alle spalle, per arrivar tutti allo stesso punto e dir tutti le stesse parole e compiere tutti gli stessi atti, è la scena più lugubre e più rattristante della vita italiana.
E non venne risparmiato nemmeno il governo precedente, il Giolitti I (15 maggio 1892-15 dicembre 1893). Il giornale definì l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri “l’incosciente valdostano”, un soprannome che fece storcere il naso a molti in Valle d’Aosta.
Il giornale Le Mont-Blanc
del 12 gennaio 1894 non si lasciò intimidire e replicò alla satira del periodico romano con una risposta al vetriolo: Le “Don Chisciotte”, un journal de Rome qui a la prétention d’avoir beaucoup de l’esprit et qui ne réussit qu’à être grottesquement ridicule comme son nom, voulu lancer une polissonnerie à l’adresse des valdôtains. Dans son N. du 20 décembre, il appelle Giolitti un “incosciente valdostano”.
“Grazie del complimento! - continuava il foglio locale - Ne siamo fieri e l’on. Giolitti ha il diritto di esserlo anche lui, così come siamo fortunati e onorati di contare l’ex ministro tra i nostri compatrioti. Giolitti e i Valdostani hanno le mani un po’ più pulite di certi ‘Fratelli d’Italia’ che sembrano trattarci da...”. E non finì così quella reprimenda. Il giornale, infatti, chiuse il pezzo sostenendo che la “triviale impertinenza” del “Don Chisciotte” colpiva anche la dinastia ducale dei Savoia-Aosta.
“I nostri complimenti a Don Chisciotte, al suo fedele Sancho e al loro asino”, fu l’augurio rivolto al foglio di Roma.
Purtroppo, il motivo va ricondotto ai soliti stupidi stereotipi: i valdostani non erano ben considerati dalla nuova Italia. Nel 1863, un giornale umoristico, parlando di un nuovo governo, scherzava sostenendo che il personale di uno dei nuovi ministeri sarebbe stato rimpiazzato da’ cittadini di Val d’Aosta, i quali sono le prime menti d’Italia.(1)
Un giornale satirico di Napoli che criticava, invece, i sostenitori del Ministro delle Finanze del Regno d’Italia, Quintino Sella, affermava: Dicite la verità vuje fussevo peggio de li cretine de la valle d’Aosta?
(“Dite la verità, voi siete peggio dei cretini(2)
della Valle d’Aosta?”).(3)
In un’altra occasione, parlando di una “certa” agricoltura, il giornale sosteneva che le rape si potevano trovare in Parlamento, mentre i cetrioli (... citrulli...) in Valle d’Aosta...(4)
All’estero non era diverso se si dà retta a quel viaggiatore che sul giornale parigino Le Figaro
del
26 settembre 1861 raccontò di una Valle d’Aosta suggestiva, popolata da gente “orribile”, composta da “rospi”, “gozzuti” e “mostri grotteschi”.
A forza di porgere l’altra guancia, si diventa nobili e sfaccettati come i diamanti...
(1) L’Arca di Noè, 27 aprile 1863. (2) Il riferimento è alla patologia chiamata cretinismo o sindrome da deficit congenito di iodio. (3) Lo Cuorpo de Napule e lo Sebbeto, 9 novembre 1865. (4) P’avè buone cetrule abbesogna sceglierle mmiezo a la Valle d’Aosta; Lo Cuorpo de Napule e lo Sebbeto, 26 novembre 1865.