Il tipotelegrafo Manzetti in cima all’Emilius
L’ennesima invenzione di
Innocenzo Manzetti
di Aosta (1826-1877) salta fuori dalle pieghe stropicciate e consunte di un giornale del 1872, periodico grazie al quale si viene a conoscenza di un ritrovato scientifico curioso.
(1)
Innanzitutto una premessa.
In quegli anni una cordata franco-belga-olandese aveva progettato un curioso e ardito edificio, ossia
un grande osservatorio astronomico e meteorologico, dedicato alla Regina dell’Universo, che doveva trovare spazio sulla cima del Mont-Emilius (3.559 m) sopra Aosta.
Il giornale in questione sosteneva che la gigantesca struttura - qui serait jusqu’ici le plus élevé de l’Europe, et peut être du monde
- avrebbe condotto in zona une foule de savants et de curieux.
A maggior ragione nel momento in cui costoro sarebbero venuti a conoscenza dei moderni mezzi che sarebbero stati impiegati per compiere le osservazioni scientifiche.
Girava voce, infatti, che numerosi scienziati italiani, francesi ed inglesi avevano dato il loro parere positivo a un sistema di comunicazione tra l’osservatorio e Aosta il cui progetto era stato affidato a Manzetti, qui ne s’est point contenté de prêter son généreux concours, mais qui a encore fait subir les plus heureuses modifications aux appareils.
Probabilmente appartengono allo stesso inventore valdostano le descrizioni riportate dal foglio stesso: “Le osservazioni sul Mont-Pie(2)
saranno condotte direttamente da Aosta grazie ad un telegrafo elettrico a doppio cavo che collegherà l’osservatorio alla città. Un meccanismo molto semplice permetterà di poter conoscere i gradi delle scale del barometro, del termometro, dell’idrometro, dell’anemometro, ecc., senza per forza che qualcuno debba salire in vetta per farlo.”
Secondo la descrizione, infatti, si diceva che quel sistema di comunicazione avrebbe potuto essere utilizzato dagli alpinisti che avrebbero raggiunto la vetta durante la bella stagione, permettendo loro non solo di inviare dei dispacci in città, ma anche di riceverne.
Come poteva accadere tutto ciò? Tramite un télégraphe imprimeur du système Bonnelli modifié, sans le besoin d’aucun officier de télégraphe. C’est la première fois que l’électricité reçoit une semblable application, concludeva con enfasi la relazione.
Da parte sua, il giornale che ne aveva dato notizia si espresse con queste parole: nous sommes heureux de voir figurer le nom de notre ville en tête de cette découverte; c’est pourquoi nous I’enrégistrons avec le plus vif intérêt.
Si trattava certamente di un sistema all’avanguardia, come lo erano i tipi di telegrafo inventati da Gaetano Bonelli (1815-1867) a cui Manzetti si era ispirato per il suo modello adattandolo allo scopo. Si trattava, dunque, di un tipotelegrafo capace di trasmettere elettricamente, e abbastanza velocemente, stampati e autografi senza usare i segni del codice Morse.
La struttura in cima alla montagna. però, non fu mai nemmeno iniziata per tutta una serie di ragioni e il tipotelegrafo manzettiano rimase così nel cassetto dell’inventore. Doveva comporre quella pila di fogli preziosi che descrivevano il telefono, l’automobile a vapore, la macchina per la pasta, la calce idraulica e tanti altri ritrovati che videro la luce ad Aosta, sebbene praticamente quasi tutti non brevettati. Invenzioni che molte fonti attribuiscono ingiustamente ad altri ideatori sparsi in altri angoli del pianeta.
Ma allora - e non solo allora - la Valle d’Aosta era definita da molti cul de sac... e questo spiega tante cose...
Bertolt Brecht scrisse: Sventurata la terra che ha bisogno di eroi
(Vita di Galileo), ma se avesse composto un’opera teatrale incentrata sulla Valle d’Aosta, la sua citazione avrebbe probabilmente affermato: Sventurata la terra che ha eroi che nessuno conosce.
E a teatro sarebbe stata una farsa.
(1) Feuille d’Aoste, 11 settembre 1872. (2) Così veniva chiamata allora la montagna da coloro che la volevano dedicare a papa Pio IX.