Al lupo, al lupo!
Esòpo è stato uno scrittore greco antico, noto per le sue favole: tra le tante, quella intitolata Al lupo, al lupo!, nella quale racconta di un giovane pastore che, dopo essersi divertito diverse volte a lanciare falsi allarmi svegliando tutto il contado, non fu poi creduto dai suoi compaesani proprio quando il lupo minacciò per davvero il suo gregge che..., per l’appunto, fu dalla belva divorato.
A volte accade similmente anche per quanto riguarda il clima e i suoi cambiamenti che - tralasciando in questa sede quali possano esserne le cause - sono argomenti continuamente connotati da allarmismo d’ogni tipo.
Infatti, quando assistiamo a qualche fenomeno meteo atipico o estremo, quante volte sentiamo dire che quell’evento non era mai accaduto “a memoria d’uomo”?
Ma è veramente così? E, soprattutto, come si calcola la tanto citata “a memoria d’uomo”?
Sta di fatto che le cronache di un tempo - e ovviamente pure le più recenti - narrando continuamente di fatti estremi, dimenticano anche che molte di queste fenomenologie sono generalmente cicliche. Malgrado ciò, nel giro di una generazione, vengono spesso dimenticate. Sarà, dunque, la durata di una generazione a corrispondere alla famosa “a memoria d’uomo”, lasso di tempo che alcuni trasformano facilmente nella più ridondante “dalla notte dei tempi”?
Veniamo a qualche fatto concreto come, per esempio, la cosiddetta “estate di San Martino”. Un periodo particolarmente mite che si verifica intorno all’11 novembre (la sua durata è ricordata da un famoso detto popolare che recita: L’Estate di San Martino dura tre giorni e un pochino...). Ebbene, è curioso notare come le cronache - anche solo quelle di un secolo fa ma, al pari di quelle di oggi - dimentiche di ciò che era stato in precedenza, mostrassero meraviglia e stupore per l’eccesso di caldo in quel periodo.
Nel 1889, per esempio, alle calure novembrine un giornale valdostano dichiarò: On ne se rappelle pas que l’été de Saint-Martin ait duré si longtemps avant et après la fête.(1)
Come se niente fosse mai accaduto, solo otto anni dopo, un altro periodico locale - trattando di quel periodo dell’anno - lo qualificò come una exagération de température
che i meteorologi cercavano di spiegare in diversi modi.(2)
Nel 1899, poi, la sérénité incomparable
di quel mite novembre faceva dire ai veillards
valdostani qu’ils n’ont jamais vu d’automne semblable.(3)
Nel 1923, per citare l’ennesimo esempio, l’été de Saint-Martin ne fut jamais aussi sensible que cette année. Comment expliquer la floraisons des rhododendrons, des gyroflées, de plusieurs autres fleurettes qui s’épanouissent aux rayons d’un soleil printanier et sous un climat méridional?
In quel mese pre-invernale, insomma, al posto delle tipiche gelate l’herbe pousse et fleurit.(4)
Cerchiamo, quindi, di usare maggiore cautela e minor sensazionalismo nel citare il detto “a memoria d’uomo” - così empirico ma così fuorviante - e lasciamo agli studi scientifici spiegare il clima terrestre, i suoi mutamenti e le sue cause.
(1) Feuille d’Aoste, 20 novembre 1889. (2) L’Echo des Agriculteurs Valdôtains, 1° dicembre 1897. (3) Le Duché d’Aoste, 15 novembre 1899. (4) La Vallée d’Aoste, 10 novembre 1923.