Il Covid-19 ha infettato anche l'Autonomia?
Non c’è alcun dubbio!
Tra le tante incrollabili certezze del nostro vivere, il Covid-19 ne ha messe in discussione un buon numero.
In Valle d’Aosta, tra una di queste sembra esserci anche il concetto stesso di Autonomia.
Diciamolo chiaramente: l’autonomia speciale valdostana sembra sempre un po’ come la mitica araba fenice; tutti ne hanno sentito parlare, ma nessuno l’ha vista.
In effetti, tolte alcune (sempre più rare) eccezioni, noi valdostani siamo talmente abituati a parlare di Autonomia a mo’ di semplice ritornello, che a volte c’è da chiedersi se esista una coscienza così diffusa su cosa essa sia realmente, sul motivo perché possediamo tale regime e, non ultima, se esistano delle strategie per poterla migliorare.
Già, perché non tanti anni fa per qualcuno l’Autonomia era meramente traducibile in più soldi, nei buoni benzina, in alcuni generi parzialmente esentati dalle accise (come alcol, zucchero, caffé...). Per altri, ancora oggi, significa soltanto ”imposizione” del francese (letto anche come un ulteriore ostacolo nei concorsi pubblici). Per tanti, inoltre, l’autonomia come il francese sono ancorati essenzialmente alla vicinanza geografica con la Francia....
Sono, ovviamente, tutte visioni errate, che denotano scarsa o nessuna cognizione del perché la Valle d’Aosta abbia uno Statuto Speciale e il bilinguismo. Se si conoscessero bene le ragioni storiche, politiche, economiche e sociali, sarebbe molto più semplice comprendere, tra le altre cose, le ragioni per le quali è attualmente vigente il particolare sistema del riparto fiscale e quali implicazioni le nostre azioni quotidiane hanno sulle nostre entrate fiscali e quindi nella vita di tutti noi.
Oppure, soprattutto, capire come far valere maggiormente le esigenze locali di fronte ad una visione centralistica tesa ad appiattire tutto in nome di un’unità nazionale sbandierata spesso per meri fini politici.
Questa scarsa coscienza del valore e delle potenzialità della nostra Autonomia - nonché le conseguenze dal non averla saputa far crescere negli oltre sette decenni di vita dello Statuto Speciale - ha presentato il conto durante questa pandemia; quando abbiamo scoperto sulla nostra pelle quanto la Valle d’Aosta si sia dimostrata vincolata - per non dire sottomessa - a qualsiasi decisione del governo centrale italiano, anche le più scollegate con la realtà territoriale locale.
Non ultima quella in discussione in questi giorni sull’apertura o meno della stagione degli sport invernali.
Pur consci che in una repubblica fondata anche (ma non solo) sulla gerarchia dei poteri e sulla suddivisione delle competenze tra i vari livelli di governo ci vogliano organi in grado di far valere la loro superiorità gerarchica, appare evidente quanti problemi stiano sorgendo in Valle a causa della concreta incapacità di mettere in campo con forza una visione strategica forte delle conoscenze delle necessità e delle particolarità locali; pur nel rispetto delle istituzioni, delle norme, del confronto democratico e, soprattutto, della logica (quest’ultima, a volte, sì un’araba fenice, una chimera...).
Quando tutta questa crisi sanitaria finirà - perché finirà! - la politica (e non solo questa) dovrà occuparsi di rivedere l’intero Sistema Valle d’Aosta. Ciò non solo per non farci trovare impreparati e spiazzati davanti ad una eventuale altra emergenza, ma perché sta per finire oramai quell’autonomia post 1945.
E’ arrivata, infatti, l’ora di dare vita ad un nuovo patto con la Repubblica: una revisione statutaria che svecchi l’Autonomia attuale e la renda una forma di autogoverno più forte e responsabile per il futuro di tutti noi.