... francofoni, non francesi...
Non è così semplice ritrovare così tante sciocchezze raccolte insieme in un articolo. Tutte frutto, ovviamente, della propaganda del regime fascista; parole che avrebbero voluto riscrivere maldestramente la storia con errori così grossolani che, anche cercando di scovarne la natura, suonano così incredibili da risultare del tutto inverosimili.
L’articolo in questione, pubblicato del 1939 ed intitolato “Patriottismo Piemontese. Comuni della Val d’Aosta che chiedono di italianizzare il loro nome”, è qui riproposto senza tutta la parte finale che propone la lunga lista dei toponimi valdostani tradotti in italiano.(1)
Il giornalista, infatti, sosteneva che in quell’anno la “campagna antitaliana scatenata in Francia” aveva “trovato rispondenza nel più vivo risentimento nella gente valdostana che ha elevato la sua voce e la sua fiera protesta” inducendo i podestà all’italianizzazione dei toponimi locali.
Perché “nella Val d’Aosta, nonostante il profondo senso di italianità manifestato nel corso dei secoli da Umberto Biancamano ai Conti di Challant e dai Capitani Chamonin e Darbelley ai valorosi alpini del battaglione 'Aosta' che hanno conquistato sul Vodice e sul Solarolo la medaglia d’oro al valor militare, i nomi di marca straniera sono numerosissimi.”
“Ad esasperare vieppiù i valdostani nel loro sentimento nazionale, sono venuti ultimamente gli attacchi dei giornali francesi e le grossolane accuse mosse dai rinnegati e degli antifascisti per stabilire una parentela tra aostani e francesi che non è mai esistita. Basti pensare alla resistenza dei valligiani alle truppe napoleoniche e alla strenua difesa agli sbocchi della Val Grisanche, per farsi un’idea della diversità origine di stirpe tra valdostani e la gente d’oltre Alpe, nonostante la comunanza di lingua”.
E ancora: “un alpino valdostano, rimproverato da un superiore perché parlava francese, dichiarò una volta che lo parlava solo perché era utile ‘conoscere la lingua del nemico’. Il gesto spontaneo dei valligiani in questo momento assume dunque un grande significato storico e politico, sfatando una leggenda che offende nel profondo dell’animo tutta la popolazione valdostana”.
Sappiamo benissimo che non furono certo i valdostani, amanti e difensori della loro lingua, il francese, a chiedere l’italianizzazione, ma l’establishment
del Fascio. Ma sostenere “il profondo senso di italianità” di Umberto Biancamano (980 circa -1048 circa), agli Challant (secoli successivi) o ai capitani Darbelley e Chamonin (XVIII secolo) fa proprio ridere: un pot-purri
di epoche, geografia, storia, nazionalità diverse mischiate insieme come se lo Stato sabaudo avesse sempre avuto una concezione millenaria di una futura nazionalità italiana da perseguire.
Sarebbe come sostenere che gli antenati britannici di George Washington avessero coltivato nel lontano medioevo un profondo senso per una futura patria statunitense.
La resistenza contro i francesi dei valdostani dalla Valgrisenche durante la guerra delle Alpi (1792-1796), poi, non era per difendere il sacro suolo italiano (che non esisteva neppure), ma quello del Regno di Sardegna; la Valle d’Aosta, poi ed è bene ricordarlo, confina direttamente con la Francia solo dal 1860... Oltre le creste, c'è la Savoia. Sorella primogenita della Vallée, era lei a confinare con la Francia.
Infine, la dichiarazione dell’alpino, che se vera, si commenta da sé.
Credere in quelle parole sapendo che la Valle d’Aosta fu la prima amministrazione ad impiegare pubblicamente il francese nel 1536, tre anni prima della Francia, e che fino all’arrivo del fascismo ben oltre il 90% della popolazione era francofona...
Detto ciò i toponimi ridicoli italiani che la Valle d’Aosta subì per qualche anno furono cancellati con la fine della guerra per tornare, non francesi, ma in francese, o, meglio, tornare valdostani.
Valdostani.
(1) Italo-Australian, 11 marzo 1939.