Il Presidente USA cittadino di Aosta e...
La storia di Aosta annovera tra i suoi cittadini onorari nominati durante i primi del Novecento anche Thomas Woodrow Wilson (1856-1924), 28° Presidente degli Stati Uniti d’America (1913-1921). Quest’ultimo, guida del suo Paese in un momento difficile e di guerra, giocò un ruolo importante alla Conferenza di Pace di Parigi del 1919, anno in cui ottenne il Premio Nobel per la pace.
Alla stima che circondava il presidente si aggiungevano anche gli apprezzamenti della Valle d’Aosta.
Infatti, le aspirazioni legate alla salvaguardia delle particolarità valdostane, minacciate da tempo, tornarono vivacemente alla ribalta proprio nel 1918, quando Wilson sostenne pubblicamente il concetto di autodeterminazione dei popoli.
Per tali ragioni, al termine della Grande guerra, anche la Valle d’Aosta ci tenne a manifester son adhésion pleine et entière aux grands principes qu’il a énoncés pour la rénovation du monde
e, in considerazione di ciò, tutti i comuni valdostani acclamarono il presidente statunitense cittadino onorario e molti sindaci presenziarono al ricevimento organizzato a Torino in suo onore in occasione del viaggio in Italia compiuto nel gennaio del 1919.(1)
Fu proprio durante quell’occasione che il canonico Jean-Joconde Stévenin (1865-1956), in qualità di sindaco facente funzioni, a nome della Città consegnò al Presidente USA la deliberazione con la quale gli veniva conferita la cittadinanza di Aosta.(2)
Il trionfo dei princìpi di Wilson - si diceva allora in Valle d’Aosta - significava anche il rispetto della lingua francese et la cessation de la guerre acharnée et déloyale que lui ont déclaré un nationalisme aveugle et une bureaucratie oppressive depuis voilà bientôt soixante ans.(3)
Secondo il giornale, dunque, quella “guerra accanita e sleale” alla valdostanità era causata da un “cieco nazionalismo” e da una “burocrazia oppressiva” messa in atto fin dalla nascita del Regno d’Italia (1861).
Non a caso, fece notizia l’intervento di quel sindaco valdostano - vieux patriarche
- che salutando il presidente statunitense gli disse: Que Dieu vous bénisse!
Fu così che, in un contesto di grandi aspirazioni come quello, il 7 aprile del 1919 i valdostani decisero di inviare una petizione al Presidente del Consiglio dei Ministri italiano - Vittorio Emanuele Orlando, capo della delegazione italiana alla Conferenza di Pace a Versailles - auspicando il riconoscimento delle loro rivendicazioni etniche e linguistiche.
Orlando, da Parigi, rispose all’onorevole Rattone (che aveva fatto da tramite alla problematica) che era occupato in argomenti dei quali ben conosci l’alta importanza, sono prevalenti su tutti gli altri, e quindi non mi sarebbe possibile, per ora, trattare la importante questione che mi sottoponi; posso assicurarti però che di essa mi occuperò con ogni cura, non appena mi sarà possibile.(4)
Indubbiamente le trattative relative ai confini orientali italiani (Dalmazia e Fiume) erano di prioritaria importanza.
Purtroppo nulla fu fatto per rispondere alle speranze riposte in quelle mesures radicales
che dovevano soddisfare nos aspirations et à mettre un terme à la guerre à coups d’épingles que nous avons subie contre notre langue maternelle(5) ... anche perché nel volgere di qualche anno l’Italia si sarebbe avventurata nella dittatura fascista che pianificò una politica ben precisa pure contro le aspirazioni valdostane...
(1) L’Echo de la Vallée d’Aoste, 18 gennaio 1919. (2) Le Pays d’Aoste, 24 gennaio 1919. (3) L’Echo de la Vallée d’Aoste, 18 gennaio 1919. (4) Le Duché d’Aoste, 7 maggio 1919. (5) La Tranchée Valdôtaine, 9 maggio 1919.
Immagine: copertina della pubblicazione (con firma del can. Stévenin): Pétition pour les revendications ethniques et linguistique de la Vallée d'Aoste, adressée par la Ligue Valdôtaine pour la protection de la langue française dans la Vallée d'Aoste à Son Excellence l'Honorable Orlando, Président du Conseil des Ministres et de la Délégation Italienne au Congrès de la Paix à Paris, 1919.