La non rivoluzione del pane di Aosta
In risposta alla crisi che colpì l’Italia a fine Ottocento a causa della scarsità del raccolt di cereali e agli alti dazi sull’importazione del grano, il sottoprefetto, il sindaco e la giunta municipale di Aosta dimostrarono una certa sollecitudine.
Le autorità convocarono i panettieri della città e concordarono misure per limitare l’incremento del prezzo del pane il più possibile. Grazie alla buona volontà di entrambe le parti, Aosta fu en ce moment une des villes d’Italie où le pain se paye le moins cher.
A seguito di quella riunione, il 7 maggio 1897 il sindaco, l’avvocato César Chabloz, pubblicò il seguente manifesto:
“L’aumento del prezzo del pane è un fenomeno generale, non solo in Italia, ma anche in Francia e in Inghilterra. È una conseguenza inevitabile dell’incremento costante pel prezzo che grano e farine subiscono da oltre due anni.” (...) “Nonostante questo aumento costante, il prezzo del pane, grazie alla fermezza dell’Amministrazione e anche, va detto, alla buona volontà dei panettieri, non ha subito alcun aumento fin dal 28 luglio 1897, mentre altrove i prezzi sono aumentati progressivamente dalla scorsa stagione invernale.”
Tuttavia, anche se Aosta aveva evitato l’aumento, la giunta municipale, non potendo rifiutarsi di fronte al prezzo straordinario delle farine e alle richieste dei panettieri, agì affinché l’aumento colpisse il meno possibile le qualità inferiori del prodotto.
“Questa è tutta l’azione che l’Amministrazione comunale poteva intraprendere”, concluse il Sindaco. “E’ certo, comunque sia, che essa continuerà a vigilare sugli interessi del pubblico e, non appena si verificherà una diminuzione nei prezzi del grano e delle farine, si affretterà a riportare gradualmente il prezzo del pane alla tariffa normale. Nel frattempo, il sottoscritto si fida appieno sur l’ordre, le calme et la dignité qui ont toujours fait l’orgueil des populations valdôtaines.(1)
Quest’ultima frase, un eccesso di zelo ma un atto dovuto di richiamo all’ordine pubblico dovuto a chissà quanti malumori raccolti dall’amministrazione comunale, creò un caso.
Due giorni dopo, il quotidiano torinese La Stampa
riportava la seguente dichiarazione di un giornalista: La calma è completa in tutto il circondario di Aosta. Non manca però il malcontento in città per l’avvenuto aumento del prezzo del pane, annunziato con manifesto odierno del sindaco.
Quel besoin d’annoncer que “la calma è completa”, quand elle n’a jamais été troublée? Si ce M. Swatoy ne sait pas rester à sa place, l’autorité ferait bien de lui administrer une petite douche, et la “Stampa” ne ferait pas mal d’envoyer ce singulier correspondant semer aileurs ses carottes, concludeva un giornale valdostano irritato nel leggere una protesta che non ebbe luogo.(2)
Non fu così altrove, purtroppo. A Milano, ad esempio, le proteste che si scatenarono tra il 6 e il 9 maggio 1898 furono represse dal generale Bava Beccaris, il quale aprì il fuoco sulla folla, causando la morte di 83 persone.
(1) Le Duché d’Aoste, 11 maggio 1898. (2) “Quale bisogno c’era di annunciare che “la calma è completa”, quando non è mai stata turbata? Se questo signor Swatoy non sa rimanere al suo posto, l’autorità farebbe bene di dargli una piccola ammonizione, e la “Stampa” non farebbe male a inviare questo strano corrispondente altrove a seminare le sue carote. Le Duché d’Aoste, 18 maggio 1898.