Einaudi, l’autonomia valdostana e il futuro
Il giornale La Stampa
del 31 gennaio 1948 ne dava notizia così: Roma, 30 gennaio. La Camera ha stamane esaminato lo statuto della regione della Valle d’Aosta.
(...) Domani, allo scoccare della mezzanotte, l’Assemblea concluderà la sua vita
(...).(1)
Il documento, che fu approntato dall’Assemblea Costituente
- organo legislativo elettivo che dal 25 giugno 1946 al 31 gennaio 1948 si occupò della stesura della Costituzione Italiana della Repubblica - fu poi approvato come legge di rango costituzionale il 26 febbraio 1948.
Il quotidiano di Torino - che per l’appunto dava notizia dell’impegno della Costituente per quanto riguardava la situazione amministrativa della Valle d’Aosta - tracciò sinteticamente le fasi più importanti previste per la futura Carta valdostana e segnalò alcuni passaggi fondamentali delle prerogative contenute.
Se, infatti, - asseriva il giornale - il primo articolo comprende le enunciazioni di carattere generale che si riferiscono a questioni comuni anche ad altri statuti approvate senza discussione, il resto delle norme entrava nel dettaglio di disposizioni che andavano dal trasferimento alla regione dei beni demaniali dello Stato come le acque pubbliche per uso di irrigazione e potabili e i beni immobili patrimoniali dello Stato. Riguardo alle altre acque pubbliche si è stabilito, invece, di darle in concessione gratuita alla regione per la durata di 99 anni, rinnovabili
(...); anche per le miniere si è adottato il principio della concessione novantanovennale.
Molto interessante, per l’occasione, fu l’intervento dell’onorevole Luigi Einaudi, componente la Costituente e che qualche settimana dopo fu eletto a ricoprire l’Alta carica di presidente della Repubblica.(2)
In merito al tema delle finanze e dei tributi, il giornale sottolineava come egli si fosse battuto perché a colmare l’eventuale deficit della regione non si provveda con il solito sistema di contributi straordinari dello Stato: “In questo modo si nega il principio stesso dell’autonomia, perché non è autonomia quella in cui si stabilisca una relazione di dipendenza finanziaria; non solamente, ma così si determina pure un senso di mancanza di responsabilità negli amministratori locali”. Il ministro ha chiesto che fossero piuttosto attribuiti alla regione, in caso di deficit di bilancio, una quota del tributi erariali e, dopo una lunga battaglia, è riuscito ad avere partita vinta.
Un’altra battaglia si è avuta sui termini dell’ordinamento scolastico: sono state attenuate alcune concessioni che apparivano eccessive.
Nella sostanza si può dire che lo statuto aostano ha una sua caratteristica particolare per la diversa soluzione che si è data al problema economico-finanziario mediante la concessione delle acque e delle miniere, la quale suddivide così fra Stato e regione il gettito delle imposte locali.
Il territorio della Valle posto al di là della linea doganale è zona franca; gli organi della regione sono il consiglio, il parlamento regionale, la giunta che è il governo, e il presidente, che ne è il capo. I consiglieri sono 35.
(...) La lingua francese è parificata all’italiana, tranne per gli atti giudiziari, nei quali si dovrà usare l’italiano.
Da allora è cominciato il percorso di quella che può essere definita come “Autonomia moderna” della Valle d’Aosta, risultanza della sintesi di secoli di forme di autogoverno locale.
Oggi lo Statuto Speciale
rappresenta sempre e ancora la garanzia per il nostro futuro.
Esso va, dunque, salvaguardato; ma va anche potenziato e attualizzato.
Dovrebbe essere reso ancora più efficace, con una visione futura e, soprattutto, capace di garantire alla Valle d’Aosta un maggiore autogoverno.
(1) L’articolo è intitolato: L’autonomia della Val d’Aosta. (2) Luigi Einaudi (1874-1961) ricoprì la carica di Capo dello Stato dal 12 maggio 1948 all’11 maggio 1955; più volte ebbe modo di frequentare Ollomont (Valle d’Aosta).