Un racconto; quasi una leggenda...
La miniera d’oro fantasma
Sono tante le storie inerenti le miniere d’oro valdostane. Ecco un piccolo fatto misconosciuto, quasi un aneddoto.
Una lettera, datata 7 novembre 1678, racconta un fatto particolarmente curioso. Per quanto la missiva sia stata scritta dal vescovo di Aosta - Antoine Philibert Bailly (1659-1691) - ad un alto funzionario dello Stato sabaudo, gli eventi narrati non sembrano esposti in maniera chiara. Essi presentano, infatti, faticosi flashback, coinvolgono diversi personaggi (di cui si intuisce solo il nome o il ruolo) e la cronologia dei fatti è complessa da seguire.
Rivista e riordinata in qualche modo, ecco cosa rivelerebbe la vicenda.
Qualche anno prima di quel 1678, il prelato trovò in un cassetto del suo archivio la lettera di un esperto di Vercelli al quale un évêque d’Aoste
(non si sa bene chi, né quando) aveva inviato da esaminare alcuni campioni di materiale aurifero escavati nella valle di Cogne. Tanto per intorbidire ulteriormente le acque, la risposta del professionista a quell'"ignoto" monsignore è a dir poco enigmatica, dato che ebbe modo di affermare que pour les pierreries, il ne les connoissoit pas bien, mais que pour la minière, elle étoit excellente.
Al di là di questo, le missive ritrovate da Bailly furono trasmesse subito al duca di Savoia, Carlo Emanuele II. Il tutto fu accompagnato da una lettera con la quale il prelato dichiarava al sovrano che il fermier
delle miniere di ferro di Cogne (patrimonio allora di proprietà del vescovo di Aosta) gli aveva svelato che nella valle, anni addietro era stata effettivamente trovata una ricca miniera d’oro. Il funzionario stesso, tra l'altro, sosteneva di aver avuto modo di vederla e di esservi entrato per ispezionarla; a suo dire, poi, i cogneins
avevano occluso l’ingresso con delle pietre, preoccupati dal fatto che il legname necessario al suo sfruttamento avrebbe impoverito il loro patrimonio boschivo già minacciato dall’intensa attività legata alla ricchissima miniera di ferro. A detta degli abitanti, infine, attivare la miniera d’oro avrebbe ulteriormente ridotto la possibilità di usare il legname per la vita di tutti i giorni e, in più, avrebbe anche esposto il territorio al rischio di valanghe. Da qui, l'occultamento di quel tesoro...
Comunque sia, quella corrispondenza giunta nelle mani del Duca smosse qualcosa; ma Carlo Emanuele II morì nel 1675. E', quindi, probabilmente da ascriversi all'informativa di Bailly, quella visita compiuta nell’estate del 1678 del capitano Montendon che, su ordine della reggente Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, doveva esplorare la Valle di Cogne alla ricerca di argento, di oro e di altri minerali. Qui, in effetti, l’incaricato trovò un filone aurifero che, relazionò così: n’est encore que superficielle. Dove si trovasse esattamente quella miniera non è chiaro; dopotutto come gli stessi contorni della vicenda.(1)
Altre notizie sulla faccenda non sembrano note.
Per la cronaca, intorno alla base del Mont-Cuc, zone di Buthier e di Bouvaz, nel 1912 venivano segnalate delle probabili tracce di oro e di un presunto filone.(2)
(1) J.-M. Albini, Mémoire historique sur Philibert Albert Bally évêque d’Aoste et comte de Cogne au XVIIe siècle, pp. 50-52. (2) L.-F. Savin, Notes chronologiques sur Cogne, in P. Malvezzi, Le Val de Cogne, pp. 241-242.