Quando ad Aosta si usava il francese prima di Parigi
Quando si parla della Valle d’Aosta, spesso si sentono banalità, imprecisioni e grossolani errori, sia da parte di chi la abita, sia da parte di connazionali.
Il motivo di questa scarsa simpatia non è chiaro. Sarà forse dovuto alla sua autonomia? Al francese che vi si parla? O forse alla sua dimensione ridotta? Alcuni sembrano desiderare, infatti, un’accorpamento al Piemonte, che a sua volta, essendo di dimensioni relative anche lui, vorrebbe essere incluso in una regione unica nel nord-ovest o forse nel nord tout-court, e così via.
Per molti (fuori e dentro i suoi confini), l’autonomia è motivo di disagio. Sostengono che mantenere la Valle d’Aosta, che si estende per soli 3.263 kmq, è un onere, senza capire che questa regione ha un regime fiscale diverso dal resto d’Italia. Non si tratta semplicemente di trasferimenti di fondi dallo Stato. L’autonomia amministrativa garantita dallo statuto speciale ha notevoli implicazioni sulla gestione dell’economia locale e delle finanze, gestite a livello regionale con una partecipazione minima del governo centrale italiano.
Inoltre, tale autonomia permette di mantenere sul territorio servizi indispensabili che altrimenti non sarebbero presenti, come l’ospedale regionale e tanti presìdi scolastici (soprattutto di montagna).
La questione del francese è un altro punto di discussione. La lingua non è parlata in Valle d’Aosta a causa della sua posizione di confine con la Francia o la Svizzera, ma piuttosto perché nel 1536, tre anni prima della Francia, il Ducato di Aosta ufficializzò tale lingua nei suoi atti pubblici. I Savoia nel 1561 stabilirono poi “che essendo stata, da sempre, la lingua francese, nel nostro paese e ducato di Aosta, più comune e più generalizzata di ogni altra e che avendo il popolo e i sudditi di detto paese la conoscenza e l’abitudine di parlare la detta lingua più correntemente che ogni altra... perciò, dichiariamo volere che in detto paese e ducato di Aosta nessuno abbia ad usare, in procedure e atti di giustizia, contratti, inchieste e altre cose similari un’altra lingua che non sia il francese, pena la nullità di detti contratti e procedure e di cento lire d’ammenda a tutte e due le parti contraenti e in contravvenzione”.
Quattrocento anni dopo, durante il periodo fascista, si verificò l’italianizzazione, e vent’anni dopo, con la democrazia, fu introdotto il bilinguismo italiano-francese per cercare di rimediare ai danni causati dalla dittatura e come integrazione dei tanti immigrati arrivati in quegli anni dalla Penisola.
Purtroppo, sembra che i danni linguistici e culturali perpetrati dal regime non siano mai stati completamente riparati.
Alcuni abitanti oggi disprezzano il francese, considerandolo una lingua straniera, e alcuni altri valdostani, anche con cognomi locali, hanno perso la capacità di pronunciare correttamente i propri nomi di famiglia e i toponimi. Inoltre, c’è chi sostiene che il francese non sia più una lingua veicolare e dovrebbe essere abolito, magari a favore dell’inglese, già insegnato nelle scuole come lingua straniera. Un altro cortocircuito, e mai sentito in altre zone.
C’è persino chi propone l’abolizione dell’autonomia, giustificandola con il fatto che la guerra è finita e non c’è più il rischio che la Valle d’Aosta diventi francese, come avrebbe voluto una piccola parte della popolazione esasperata dalla dittatura e, dopotutto, la Francia stessa. Tuttavia, l’autonomia non nasce nel 1945 o dalle tensioni di quegli anni, ma affonda le radici nel passato più profondo, testimoniata da antiche forme di autogoverno e peculiarità riconosciute nei secoli e poi solo parzialmente nello Statuto Speciale del 1948.
Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni, ma sarebbe auspicabile che si faccia conoscenza approfondita della storia. Altrimenti, si rischia di limitarsi a esprimere solo delle emozioni, dei sentimenti, e non delle idee costruite sulla piena conoscenza degli eventi.
E in Valle d’Aosta, potrebbe far sì che molti amino di più la terra in cui vivono, il che non guasterebbe affatto e avrebbe numerose ricadute positive sulla qualità della vita quotidiana.