Sarà anche empirico e non scientifico, ma...
La luna rossa, la neve ad "s" e altre credenze
Rispetto ad oggi, in passato si scrutava molto di più sia il cielo, sia la natura circostante. Alcune osservazioni meteorologiche, frutto dei riscontri fatti un tempo in Valle d’Aosta, sono molto singolari e curiose.
In un libro del 1841, per esempio, si legge dell’
inverno di San Giovanni
quando, cioè, alla fine di giugno può capitare che gli sbalzi di temperatura siano notevoli e repentini.
Freddo per freddo, la tradizione racconta anche che un improvviso abbassamento delle temperatire estive in città, possa trovare ragione nella grandine caduta nel vicino Piemonte:
curioso indizio meteorologico a tanta distanza.
E ancora:
un’altra curiosità meteorologica della città d’Aosta, dovuta alla sua situazione in una valle circondata da alte montagne; nel solstizio d’inverno cioè, il sole resta poche ore sull’orizzonte, quasi come nei paesi polari, alzandosi dopo le 10 di mattina per tramontare dopo le 3 pomeridiane. Mi si notò inoltre che nei primi giorni di febbrajo, il sole si vede a scomparire tre volte nello stesso giorno in brevissimo tempo dietro le tre punte che sovrastano al mezzodì della città, e la cui media è detta “becco di nona”, ossia punta del mezzodì, per essere appunto l’ora di mezzo giorno quando il sole corrisponde a tale punta, che in Aosta serve come di linea meridiana naturale. Sempre secondo la narrazione popolare, mi si fece notare come indizio di altissima temperatura, e quindi di vino buono ed in quantità, quando il giorno di Santa Maddalena
(il 22 luglio, n.d.a.) il sole taglia la lettera s, porzione di ghiacciaio di tale forma, che splende a mezzodì d’Aosta nella screpolatura di un’alta montagna. In quella regione esistono, però, due cime: il Mont-Emilius (3.559 m) e la Becca di Nona (3.142 m)...
A tale proposito ricordiamo anche una curiosità relativa ad un altro “evento simile", ma che interessa l’ultima neve del Mont-Père-Laurent (2.625 m), montagna posta ad est del Mont-Emilius. Una vecchia credenza narra, infatti, che se l’ultimo cumulo di neve resistente su quella cima - massa gelata che prima di dissolversi forma sempre una “s” - supera l’ultimo giorno di giugno, allora l’inverno successivo risulterà piuttosto nevoso.
Secondo alcuni proverbi valdostani, poi, certi giorni primaverili, quelli cioè più soggetti alle gelate, sono chiamati
chevaliers du froid
(21, 23, 25 aprile e 3, 6, 25 maggio). La gente chiamava ciascuno di essi anche usando i nomi dei santi che sono ricordati in quei giorni:
aussi leur donne-t-on les qualifications bizarres d’”Anselmet”, de “Georget”, de “Marquet”, de “Croixet”, de “Jeantet” et d’“Urbanet”.
Periodo anche, sempre quello di fine aprile, della luna
rousse
e dei suoi tristi effetti, cioè - come si credeva allora - proprio delle gelate.
Ovviamente si tratta di osservazioni empiriche - proverbiali, alcune quasi leggendarie - non sempre scientifiche... Il loro valore vive nel respiro della nostra cultura e nei detti popolari tramandati dai nostri vecchi.
(1) Frammenti di un viaggio in Piemonte, Lettera del prof. G. F. Baruffi; continuazione e fine; fascicolo VIII, in Poligrafo. Giornale di Scienze, lettere ed Arti e Commentario..., p. 135. (2) Feuille d’Aoste, 28 maggio 1867.