Quando la montagna restituisce...
Uno strano ritrovamento tra i ghiacci
Il giornale svizzero
Le Bien public
del 22 settembre 1885, sotto il titolo
Une singulière trouvaille à Valtournanche, raccoglieva una serie di informazioni apparse nei giorni precedenti su diversi giornali italiani che raccontavano di un particolare ritrovamento avvenuto tra i ghiacci posti nella regione del Cervino.
(1)Alexandre Pession, una guida alpina di Valtournenche, che si trovava presso il col de Saint-Théodule (3.316 m) - più precisamente oltre i pascoli di Giomen e di La-Barma, ad 80 metri al di sopra del ghiacciaio - si era imbattuto in una trave pesantissima.
Quel fatto lo incuriosì e lo indusse a ispezionare la zona circostante.
Poco più in alto, infatti, egli ebbe modo di rinvenire una scarpa che, dopo essere stata perforata dall’alpenstock di Pession, andò in mille pezzi. Ciò, però, permise di riportare alla luce i resti ossei di un piede.
A quel punto, l’uomo iniziò a scavare nel ghiaccio e trovò subito due cadaveri posizionati uno sull’altro a mo’ di croce.
Le estremità dei corpi erano oramai scheletriche, ma vi erano delle parti ricoperte ancora dalle carni.
Scavando ancora trovò anche due teste e otto zampe di cavallo ai cui zoccoli erano ancora fissati i ferri.
Oltre a ciò, vi erano anche due croci d’argento à la chevalière, ossia apribili e, dunque, utilizzabili anche come reliquiari.
Ma non era finita.
Si accorse anche di due medaglie (una portava incisa la parola Matheus), di alcuni grani di rosario, di qualche nocciolo di ciliegia, di un barilotto che recava le iniziali P.M.Z.
o V., di resti di abiti, di due nodi di corda (uno recava la data 1582, mentre l’altro le lettere A.D.) e infine di dodici assi di legno piuttosto lunghe.
Quella scoperta creò una certa eco nei dintorni e provocò diverse supposizioni su chi potessero essere i due uomini, anche se sia a Zermatt, sia a Valtournenche, nessuno conservava memoria di qualche testimonianza del passato che potesse aiutare a spiegare cosa fosse successo.
Alcuni pensavano che fossero semplicemente dei pellegrini diretti all’abbazia di Notre-Dame des Ermites che si trova presso la cittadina elvetica di Einsiedeln; altri supponeva fossero di commercianti piemontesi diretti in Germania; comunque sia, i due uomini furono probabilmente sorpresi da una bufera di neve che, forse, comportò anche la loro caduta in un qualche crepaccio.
Da tali congetture, però, non potevano certo sfuggire dalla discussione i relitti lignei ritrovati. Ragione per cui, qualcuno formulò anche altre ipotesi sostenendo che, forse, quelle assi potevano rappresentare i resti di una sorta di postazione militare, una specie di baracca o di garitta di vedetta, utile a presidiare quel passaggio così strategico. I giornali, infatti, si lanciarono nella rievocazione di scenari legati all’epoca del Protestantesimo o di alcune guerre che si verificarono nei secoli XVI e XVII. Eventi che, in qualche modo, imposero un controllo di eventuali transiti al colle di Saint-Théodule.
Effettivamente, quelli erano periodi molto bellicosi e difficili. Basti pensare alla peste che nel 1585 raggiunse anche la Valle d’Aosta; nella sola parrocchia di Morgex, per esempio, il morbo fu responsabile, nel giro di pochi mesi, della morte di circa seicento persone. In quello stesso anno i parrocchiani di Fontainemore si recarono in processione presso il santuario piemontese di Oropa.(2)
Nel 1583, poi, il vescovo di Aosta aveva vietato ai fedeli valdostani, pena la scomunica, di prolungare oltre i tre mesi il loro soggiorno all'estero e agli stranieri che volevano restare in Valle d'Aosta più di dieci giorni veniva richiesta une attestation authentique de leur profession de foi catholique.(3)
Da qualche tempo, infatti, i protestanti bussavano alle porte...
Dunque, quando e cosa era successo?
Difficile a dirsi...
(1) Sulla vicenda di cui si narra in quel settembre del 1885, le informazioni sono tratte da Feuille d’Aoste
del 2, da Le Patriote
del 4, da L’Eco dell’Industria
del 6, da L’Echo du Val d’Aoste
dell’11 e da Le Bien public
del 22. (2) J.-A- Duc, Histoire de l’Eglise d’Aoste, vol. VI, pp. 240-241. (3) J.-A- Duc, Histoire de l’Eglise d’Aoste, vol. VI, p. 225.